Empatia e l'essere mamma

Quando nel 2006, a Dublino, sono diventata mamma per la prima volta non avevo tempo di stare online a cercare info o leggere pareri, avevo mia mamma e mia suocera che con discrezione e affetto mi supportavano e la mia pediatra di fiducia, nonché zia di mio marito, che con una professionalità incredibile ci aiutava nei problemi di salute relativi al bebè, tutto ciò a distanza. 
Ammetto che mi sono comprata qualche volume in libreria sperando che mi illuminasse su chissà quale tematica relativa al bambino. 
Tanti numeri, tanti casi, tanti modi di cercare di "inscatolare" l'esperienza materna, standardizzarla, quando di standard non c'è un bel niente. 
Io, testarda come sono, ho fatto sempre a modo, sbagliando, imparando e facendo squadra con mio marito. 
In questo percorso mi sono fatta accompagnare da un alleato (che negli ultimi tempi si sente nominare sempre più spesso): l'empatia.

L'empatia è definita come "la capacità di immedesimarsi in un’altra persona fino a coglierne i pensieri e gli stati d’animo" (fonte treccanilinguistica).

Quando mi sentivo persa, quando ero indecisa su quale comportamento adottare con loro, non chiedevo consiglio ad altri, ma mi immedesimavo in loro ed il mio essere ancora un po' bambina nel profondo mi ha aiutato in questo.
 
E' stata l'empatia a dirmi di tenere i miei piccoli appena nati accanto al mio letto per tanti, tanti mesi. 
In quegli anni il co-sleeping non era ancora tanto di moda, anzi, si sentiva parlare di più del rendere il bambino indipendente e farlo dormire nella sua cameretta. 
Ho avuto tante amiche che mi hanno fortemente criticata perchè non mettevo il bimbo appena nato nella sua cameretta "dovrà pure abituarsi, no!?".
Io non c'e l'ho fatta perché mi sono immedesimata in loro, ho pensato a quello che avevano sentito in pancia per 9 mesi, al mio respiro che li ha cullati, al mio russare che magari li teneva svegli la notte e a quanto fosse bello dormire tutti così vicini.
Ho adottato l'ormai tanto famoso co-sleeping con tutti e tre i miei figli e nessuno è rimasto traumatizzato
Adesso hanno 9, 7 e 4 anni e senza problemi dormono nei loro letti, nelle loro camerette, senza dimenticarsi di arrivare nel lettone alle 6.30 in punto, ogni mattina, per quel momento incredibile che è il risveglio comunitario.


E' stata l'empatia ad aiutarmi a gestire certe situazioni di gelosia, fase importante delle loro esistenze da fratelli, sentimento presente in dosi e fasi alterne  ma che richiede sempre comprensione e capacità di osservazione da diverse prospettive.  
Nonostante la nostra costante attenzione nel non fare differenze e non creare competizione, ci siamo imbattuti nella gelosia del grande verso la piccola, nella gelosia della piccola verso il secondo, la gelosia del secondo verso il primo e via dicendo. E' stata l'empatia a permetterci di capire i nostri comportamenti sbagliati che scatenavano la gelosia in maniera diversa in loro. Ci sono voluti tempo ed errori ed abbiamo ancora tanto da imparare, ma siamo sulla strada giusta, per lo meno spero!

 
E' l'empatia che mi ha aiutato a gestire i loro diversi pianti e a tenerli abbracciati a me, nonostante le grida infinite, le lacrime serali interminabili, perché sapevamo (mio marito è sempre stato con me) che un motivo c'era e la nostra risposta poteva solo e soltanto essere amore, coccole, attenzione e presenza, quella presenza costante nonostante la stanchezza e il sonno perduto. 


E' stata l'empatia che mi ha permesso di gestire quei momenti terribili che potevano essere visti come ribellione, provacazione o disobbedienza e invece erano solo dimostrazione di un disagio, di un bisogno che andava capito, ascoltato e affrontato insieme. 
Come dice spesso mio marito, "vanno presi per il verso del pelo", imparando a trattarli e gestirli a secondo del loro carattere, di quel determinato momento e situazione. Questo non vuole dire che tutto debba essere concesso e permesso, anzi, i "no" sono frequenti ed attentamente motivati
 

Questa attenzione ai loro sentimenti alle loro emozioni, positive o negative che siano, ci sta permettendo di instaurare una vera e propria connessione emotiva, basata sul dialogo. 
Tante volte nei momenti di scenate assurde (tali agli occhi degli adulti),  sono diventata "piccola", mi sono infilata i loro panni e quello che poteva essere assurdo è diventato importante, comprensivo e risolvibile. 

L'alternativa sarebbe stato lo scontro, che qualche volta e' arrivato e non e' servito a nulla. 

Tutti questi miei pensieri si rispecchiano nella definizione di empatia che ho trovato in rete leggendo un po' di materiale sull'argomento:  

"Empatia e' la comprensione rispettosa di quello che gli altri stanno provando. Al posto di offrire empatia, spesso abbiamo una forte urgenza di dare consigli e spiegare i nostri propri sentimenti. Empatia, in qualunque modo, ci invita a svuotare la nostra mente e ascoltare il prossimo con tutto il nostro essere" -  Marshall Rosenberg.

Non sono mancati i momenti in cui mi sono sentita dire che ero e sono troppo coccolosa, troppo dedita ai miei figli, che sono troppo presente. 
Forse lo sono, è una mia scelta, ma allo stesso tempo è un modo per fargli sentire la mia presenza, la nostra presenza come genitori, e farli sentire sicuri di poter esprimere i loro sentimenti più profondi con noi. 
I momenti di rabbia sono accettati, nei limiti della non violenza e diamo loro la possibilità di spiegarli, magari con qualche piccolo aiuto, con qualche spunto di discussione, ma spesso arriviamo al sodo tutti insieme.

Non è sempre facile, abbiamo avuto grossi scogli nel nostro cammino che sembrano superati e dei quali magari parlerò tra un po'. 

Tutte queste riflessioni arrivano in un momento particolare della mia vita nel quale la consapevolezza di quanto stanno crescendo si fa sentire forte e chiara. 
Li guardo, li ammiro e sono terribilmente fiera di loro, di quello che stanno diventando. 
So che la strada è ancora in salita (l'adolescenza è in agguato!), ma mi piace fermarmi in questo momento relativamente di pace a condividere i miei pensieri e magari essere d'aiuto a qualche altra mamma che si trova a dover "combattere" in una fase difficile. 

Essere genitore non è una lotta (nonostante in certi momenti sia altrettanto faticoso!) ma è un cammino, un percorso da fare insieme cercando di "abbassarci" dolcemente al loro livello e ricordarci che sono bambini ed hanno il diritto di esserlo in tutte le loro sfaccettature.