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Non ho sempre affrontato l'espatrio nello stesso modo in cui lo sto facendo adesso.
Quando sono partita a 26 anni per Dublino non l'ho fatto con l'idea di diventare un'espatriata, ma la vita è tutta una sorpresa!
A Dublino ero giovane, un pò inesperta, sufficientemente impaurita, incapace di fare più di tre frasi di senso compiuto di seguito in inglese e con un grossa dose di entusiasmo.
Lo ammetto tranquillamente: ero pure un pò "lamentosa".
Ero una delle tante italiane che quando si ritrovavano in gruppo (cosa molto comune nella Dublino giovane, vibrante e piena di stranieri del 2004 - credo sia ancora così!) rimpiangevano la buona pizza, il caffè espresso come si deve ed il bel sole italiano e difendevano a spada tratta il proprio paese.
Mi lamentavo del clima dublinese, uno degli aspetti più difficili dell'espatrio in Irlanda.
Appena potevo salivo su un aereo per rientrare in Italia, da parenti e amici, e vivevo la mia vita, che comunque amavo, con un piede a Dublino e un piede in Italia.
La nascita dei nostri primi due figli, a Dublino, ha accentuato questa sensazione.
Il trasferimento in Francia nel 2009, accettato con l'idea che avvicinandoci all'Italia avremmo sentito meno la nostalgia, è stato una bellissima scuola di vita nonostante le innegabili difficoltà.
Poi la decisione di trasferirci in UK e l'espatrio più bello fino ad ora.
Perché?
Prima di tutto perché la lingua inglese non mi spaventava più. Dopo gli anni di gavetta a Dublino (e di tante figuracce: rispondevo "nothing" ai "thank you", ma non ridete troppo per questo per favore!) e le tante chiacchierate in inglese con le mie amiche straniere in Costa Azzurra, sono arrivata qui con una buona padronanza della lingua.
Secondo, ho affrontato questo terzo espatrio con lo spirito giusto e questo fa davvero tanta differenza.
Ma qual'è lo spirito che bisogna avere in espatrio per stare bene, per non farsi schiacciare da quello che chiamano il "culture shock", lo shock culturale?
Il culture shock "è un termine utilizzato per descrivere i sentimenti di ansia, smarrimento, disorientamento e confusione che una persona prova a causa di un improvviso cambiamento dello stile di vita dovuto al trasferimento in un ambiente sociale e culturale differente" (fonte: wikipedia).
Ammetto di non averlo mai provato in maniera talmente forte da disorientarmi, ho sempre avuto le dosi giuste di curiosità, entusiasmo e voglia di scoprire, che mi hanno dato la carica giusta per stare comunque bene e vivere una vita serena.
Curiosità in espatrio
Eccola la prima qualità che aiuta in espatrio: la curiosità.
La curiosità di conoscere la realtà intorno a noi: viaggiando, andando per musei, partecipando ad eventi comunitari, assaggiando i piatti del posto, abbracciando qualche nuova abitudine locale, andando alla ricerca delle ragioni che si celano dietro a determinate usanze.
Pochi mesi dopo il mio arrivo in Inghilterra ho acquistato un libro che per me è stato fondamentale per capire la cultura inglese.
Il libro si chiama "Watching the English" ed è scritto da un'antropologa inglese che, con senso critico ed ironia, spiega le regole segrete, nascoste, del comportamento degli inglesi.
E' una brillante analisi della cultura inglese che io adoro e che consiglio a qualunque straniero che vive qui.
Avrei potuto benissimo pormi nell'atteggiamento di "oh ma guarda questi inglesi che ti sorridono, tutti cordiali e poi non vanno più in là del -how are you?-" oppure pormi con l'atteggiamento, che ho visto tante, troppe volte, "ah, ma noi italiani siamo più socievoli" oppure, come mi sono sentita dire tante volte, "quanto sono freddi questi inglesi!".
Gli stereotipi sono in agguato nella vita degli espatriati per fare danno ed è bene stargli alla larga.
Quegli stereotipi possono portarti all'isolamento o magari al sentirti a tuo agio solo nella cerchia di italiani come te all'estero.
Ho osservato tanto, costantemente, ed ho imparato a parlare meno e guardare di più.
Ho cercato di capire cos'è importante ed applicarlo nelle mia quotidianità in questo luogo.
L'opportunità che l'espatrio ci sta dando è il continuo imparare a porci in una condizione di ascolto, ricettivi, con la giusta voglia di crescere e imparare.
Ma la curiosità non basta.
Umiltà in espatrio
L'altra caratteristica fondamentale in espatrio è l'umiltà.
Ci vuole un'umiltà culturale.
Dobbiamo essere sufficientemente umili per ammettere quando sbagliamo ed imparare ogni giorno dalla nuova cultura.
Dobbiamo imparare a mettere in discussione la nostra cultura, a porci domande, a non dare per scontato che "è giusto così perché io faccio così da sempre" e non imporla per forza a chi ci sta intorno, anche perché potremmo inceppare in grosse figuracce.
Ed io ne ho fatte tante.
Qualche settimana dopo l'inizio a scuola dei bambini, decisi che era ora di chiedere alle maestre come andavano i ragazzi, capire se erano a loro agio, se si erano inseriti.
Una delle maestre dei miei figli, con fare molto pacato e gentile, mi disse che mio figlio era sorridente a scuola, che l'aveva sentito parlare un pò in inglese e che si era fatto qualche amico e che in classe faceva di tutto per capire, impegnarsi.
Si complimentò con me per la sua resilienza e voglia di farcela.
Io, mamma emotivamente provata, le toccai forte il braccio, come per volerla quasi abbracciare, ringraziare, aggiungendo dei calorosi "thank you, thank you so much".
La sua espressione del viso la ricordo ancora.
Io non dovevo metterla la mano sul suo braccio, questo era sicuro, il mio contatto fisico la infastidì palesemente, la imbarazzò.
Non gliene faccio una colpa, la colpa era la mia.
Non sapevo ancora quanto il contatto fisico fosse una cosa "delicata" in questa parte di mondo ed ora lo accetto e lo capisco.
Questo porta ad auto-criticarmi, a mettere in discussione le mie usanze ed i miei modi di fare ed avere l'umiltà di capire che alcuni di questi possono essere sbagliati o non opportuni.
E' un processo quotidiano che mi mette in una condizione di continuo apprendimento, in continua fase d'ascolto e di continua evoluzione, perché, soprattutto se si espatria da adulti, la nostra cultura è un pò come un vestito che indossiamo ed è difficile plasmarla.
Ci vuole tatto, ci vuole discrezione e ci vuole umiltà.
Ciò non vuole dire rinnegare le proprie origini, ma magari accettare il fatto che non tutto quello a cui siamo abituati sia per forza giusto.
Per i miei figli sembra essere più semplice: il fatto d'essere nati e cresciuti all'estero li rende più malleabili perché sono stati esposti fin da piccoli a culture diverse e questo li ha plasmati e resi flessibili. Una grande ricchezza per loro.
Amo parlare della mia cultura, dell'Italia e lo faccio con chi è ricettivo con me.
Dall'anno scorso mi incontro una volta al mese con due mamme inglesi.
Il tutto è iniziato con un invito a pranzo a casa mia. Preparai un antipasto di bruschette miste e le lasagne.
Loro ricambiarono l'invito nel giro di poche settimane cucinando pietanze deliziose da leccarsi i baffi e da allora è nato il nostro piccolo "club culinario", dove si parla di cibo, ci si fa confidenze e si parla della cultura italiana rapportata a quella inglese e viceversa.
E' bellissimo lo scambio di "punti di vista" e l'approfondimento e l'analisi degli stereotipi di cui tutti siamo vittime.
In questi incontri c'è tanta "umiltà culturale".
Rispetto in espatrio
La terza qualità molto utile in espatrio è il rispetto.
Il rispetto per le nuove regole che ci troviamo di fronte.
Quante volte ho sentito stranieri lamentarsi di alcune regole, magari oggettivamente troppo rigide, e ritrovarli poi alla ricerca del modo di aggirarle.
Il rispetto per la burocrazia che dovremo affrontare.
Il rispetto del luogo e della gente che appartiene al paese ospitante.
Il rispetto delle tradizioni, usi e costumi.
Il rispetto per il tempo atmosferico, tasto dolente della vita in Inghilterra. Sapete che può risultare molto maleducato lamentarsi per primi del tempo atmosferico con un inglese, tanto quanto affermare cose del tipo "ah, nel mio paese il tempo è uno spettacolo, non piove tanto come qui".
Il rispetto per le persone intorno a noi, nonostante le diversità evidenti.
Il rispetto delle code! Guai a non rispettare la coda, è una cosa sacra!
Ultimamente mi sono sentita dire spesso "eh, ma tu ti sei inglesizzata!".
Non so se il mio sia un processo di inglesizzazione, mi piace di più pensarlo come un processo di integrazione e familiarizzazione consapevole.
Ascolta l'episodio del mio podcast